CAMORRISTI E BRIGANTI

I CAMORRISTI

Gli uomini energici si riunivano in bande e opprimevano i deboli: tale e’ l’origine della Camorra. Oggi e’ conosciuta questa frammassoneria plebea, che ramificavasi in tutta la provincia, e che il potere, impotente a sopprimerla, si studio’ sempre di non averla troppo nemica. Tutti coloro che osavano maneggiare un pugnale, erano fieri di appartenervi; subivano due gradi di iniziamento, e poi finivano per esservi arruolati. Aveano capi nei dodici quartieri di Napoli, in tutte le citta’ del regno, in tutti i battaglioni dell’esercito: regnavano ovunque il popolo era riunito, prelevavano una imposta sul denaro che davate al conduttore della vostra carrozza; sopravegliavano ai mercati, e si attribuivano una parte della vendita; vigilavano ai giuochi delle carte fra i popolani, e dal vincitore riceveano un tributo: dominavano perfino nelle prigioni, e la polizia non vi si opponeva: e occorrendo li chiamava in suo aiuto, affinche’ scuoprissero e arrestassero in nome del re gli uomini piu’ pericolosi. Non e’ molto tempo che essi seppero prendere un assassino, di cui eransi perse le tracce; io stesso lo vidi passar per la via coperto di sangue, trascinato alla prigione dai suoi complici!

Talvolta il governo arrestava i camorristi e li inviava in galera. Ma anche da codesto luogo spaventavano gli uomini onesti, gli uomini che vivevano in piena liberta’. Dal fondo di un carcere, con le mani e coi piedi avvinti in catene, ricevevano la visita dei piu’ paurosi , i quali si recavano umilmente e regolarmente a pagare loro il tributo mensile.

Questa societa’ avea luoghi dove riunivasi, una cassa comune, un forte arganamento, leggi inflessibili. I capi si attribuivano spaventevoli diritti sopra gli affiliati: se ad essi veniva imposto un assassinio, erano costretti ad obbedire, sotto pena di morte. Il pugnale colpiva ogni infrazione, troncava ogni disputa. Ogni camorrista ne recava seco due: uno per se’, l’altro per voi se resistevate ai suoi ordini; era un duello terribile; egli colpiva nella cassa, ossia nel cuore.

I VERI BRIGANTI

Di fronte a tali costumi il brigantaggio non puo’ recare sorpresa. In queste contrade vi furono sempre  briganti. Aprite le istorie, e ne troverete sotto tutti i regni, sotto tutte le dinastie, dai Saraceni e dai Normanni fino ai giorni nostri; le strade fra Roma e Napoli non furono mai abbastanza sicure. Immaginate dunque cosa dovesse essere la parte interna e meno frequentata di queste provincie: era un ricettacolo di assassini. In talune di esse non fu mai prudente viaggiare anche in uniforme. Paolo Luigi Courrier ha scritto in proposito alcune lettere che sono ormai notissine.

Tutto favoriva il brigantaggio: e la stessa configurazione del paese, coperto di montagne, e le idee del governo, che di quelle montagne non davasi cura, ne’ vi apriva gallerie, ne’ vi tagliava strade: vi hanno distretti intieri per i quali non e’ ancora passata una carrozza: vi hanno sentieri, che i muli non si arrischiano a percorrere; aggiungasi a questo il sistema di agricoltura della Puglia, la vita nomade de’ pastori che passano le estate sui monti, e vivono in quelle cime senza famiglia, in mezzo al loro gregge, in un isolamento selvaggio. I viandanti sprovvisti di ogni difesa, a torto si avventuravano in que’ deserti.

Coloro che erano costretti a percorrerli, si facevano scortare da’ briganti. Nell’anno precedente, prima della rivoluzione, un viaggiatore volle salire il Matese: prese una guida e si affido’ pienamente in lui. Fece una ascensione penosa in mezzo ad un paese magnifico: a due terzi del cammino, trovo un lago in fondo ad una valle selvaggia: trovo’ arbusti di abeti che cuoprivano gli scogli; dalla cima della montagna, da un lato e dall’altro si godeva la vista de’ due mari. Il viaggiatore e la guida erano soli in mezzo a quella natura cosi’ bizzarra e tale da ispirare inquitudine. Si imbatterono in una croce. –Ve la posi io stesso, disse la guida. –E perche’? –E’ un voto che avete fatto! –Con quale scopo? –Per una disgrazia avvenutami. –E quale? –Ho ucciso un uomo. –Tu? –Si’, o signore, la’. –E mostro’ la croce. Sopra diversi punti della montagna ne avea poste altre ventinove.

Tutti i tribunali dell’Europa insieme riuniti non basterebbero a giudicare i delitti ignorati, commessi su quelle alture. Il governo li lascia impuniti; il che permette ai piu’ audaci di riunirsi in piccole bande, le quali prendevano dimora in qualche folta foresta, e tentavano poi delle spedizioni. Rileggete Gil-Blas, cambiate i nomi de’ paesi, e voi avrete il racconto di queste avventure. I viaggiatori erano sempre piu’ esposti a’ pericoli, ma anche i proprietarii di terre vicine a questi luoghi male avventurati non dormivano tranquilli i loro sonni. Se i contadini loro non vigilavano attentamente in armi, correvano il rischio una bella notte di essere presi e condotti nelle montagne. Allora si imponeva ad essi un riscatto. Il prigioniero scriveva alla famiglia, e i briganti stessi portavano la lettera. La famiglia pagava.

I RISCATTI

Questi fatti avvenivano ogni giorno. Non e’ corso molto tempo che in una provincia fu rapito un uomo; i parenti di lui erano a Napoli: riceverono dai rapitori un messaggio: chiedevano un migliaio di ducati: i parenti ne offrirono la terza parte. Il messaggere torno’ con un orecchio del prigioniero e colla minaccia di tagliar l’altro, se fosse stata necessaria una terza intimazione. Questa storia fu pubblicata dai giornali coi nomi delle persone e dei luoghi. I parenti pagarono tutto; oggi sono nella piu’ squallida miseria.

Simili avventure sarebbero impossibili in qualunque altro paese; qui la paura le incoraggisce. Non si osa denunziare gli emissari; si fa loro buon viso, si stringe ad essi la mano. Basta un uomo per gettare in costernazione una intiera popolazione. Io stesso ne fui testimone con i miei occhi. Era un operaio che aveva ucciso il suo principale; passeggiava tranquillamente a fronte alta nel villaggio. Il sindaco non ebbe il coraggio di farlo arrestare.

Si’; il governo tremava dinnanzi a questa gente Erasi istituita una guardia urbana per proteggere le campagne, ma que’ villici armati spesso erano d’accordo co’ briganti. Quando le bande erano troppo numerose e minacciavano di prendere una bandiera, il governo si risolveva a combatterle. Allora cominciavano le guerre sulle montagne che si combattono tuttora, le imprese contro un nemico che scappava sempre di mano, che si ricoverava nei boschi quando era cercato nei monti, che si nascondeva nelle macchie, dormiva fra i campi di grano, nemico invisibile, imprendibile, che fuggiva sempre piu’ lungi e piu’ alto, fino a che il re, per una trista necessita’, prometteva un’amnistia a quelli che si sarebbero resi. E il re stavolta manteneva la promessa.[1]

FERDINANDO II E TALARICO

Lo stesso Ferdinando II un giorno dove’ trattare con Giosafat Talarico, che lo cimentava e lo batteva da lungo tempo nel fondo della Sila in Calabria. È una foresta che è stata sempre ricovero de’ briganti. Si convenne che Talarico e i suoi avrebbero non solo la vita salva, ma la libertà, e meglio ancora, una pensione dal re: solamente sarebbero stati confinati nella isola più bella e più ricca; in Ischia. Vi sono ancora, e riscuotono la loro pensione.

Tale fu il vero brigandaggio ne’ tempi ordinarii; ne’ ha cessato mai di esistere. Negli ultimi giorni del regno di Ferdinando II erasi organizzato alle frontiere un servizio regolare per il trasporto di cavalli rubati, di tappa in tappa fino agli Stati Romani, dove gli animali erano venduti. Un Borbonico, oggi celebre, aveva parte in questa impresa: non era però Chiavone.

In tempi di crisi politiche il brigandaggio aumentava a dismisura, accogliendo la feccia delle popolazioni, delle prigioni dischiuse, i vagabondi e i malfattori in gran quantità. E si vide quasi sempre il partito vinto servirsi di questi banditi a difesa della propria causa.

NOTE

1. Non sempre pero’. “I Borboni restaurati presero un altro espediente per distruggere il brigantaggio di cui si erano serviti e che allora si riconobbero impotenti a reprimere. Il generale Amato scese a patteggiare con la banda di Vandarelli  che infestava la Puglia, e le accordo’ non solo il perdono e l’oblio, ma fu stipulato che essa sarebbe trasformata con un ricco soldo in una legione armata al servizio del re, al quale presterebbe giuramento. Stipulate queste convenzioni, la banda venne a Foggia per rendersi, e quivi disarmata per ordine del generale in capo, fu distrutta a colpi di fucile.” – Circolare del barone Ricasoli.

BIBLIOGRAFIA

Tratto da Marco Monnier – Notizie storiche documentate sul brigantaggio nelle provincie napoletane –  G. Barbera Editore, II edizione, Firenze, 1862. 

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