ELENCO AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E BANCA D’ITALIA S.P.A.

LETTERA APERTA ALL’ISTAT

DIREZIONE CENTRALE DEI DATI AMMINISTRATIVI E DEI REGISTRI STATISTICI

Spett.le Istat, Direzione centrale dei dati amministrativi e dei registri statistici 

con la presente vorrei segnalare alla Vs. cortese attenzione che nell’elencazione di cui alla G.U. n. 227/2012, tra le autorità indipendenti – di cui all’art. 1, comma 2, L. 196/2009 – non è stata inserita la Banca D’Italia S.p.A.

Invero, la Banca D’Italia S.p.A. è notoriamente un istituto di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 19, comma 2, L.262/2005, e come tale sulla base delle norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario (Regolamento UE n. 2223/96, SEC95  Sistema Europeo dei Conti), della norma di cui all’art. 1, comma 2, L. 196/2009, ma anche e soprattutto per garantire quanto stabilito in termini di buona amministrazione ed imparzialità dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione della Repubblica Italiana, detta Banca D’Italia S.p.A. dovrebbe essere senz’altro da annoverare tra le amministrazioni pubbliche che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione europea, che ne condividono le conseguenti responsabilità ed il concorso al perseguimento di tali obiettivi, e che si realizzano secondo i principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica.

La mancata indicazione della Banca D’Italia tra le unità istituzionali che fanno parte delle amministrazioni pubbliche, oltre che essere una palese violazione del dettato letterale della legge (art. 1, comma 2, L. 196/2009), sembra lasciare presupporre uno status del tutto anomalo dell’istituto di emissione nel panorama costituzionale, e cioè del tutto illegale ed al di fuori del novero di cui all’art. 97 della Costituzione. Se così fosse, tale sarebbe un atto potenzialmente eversivo dell’ordinamento costituzionale dello Stato, con un istituto di diritto pubblico: la Banca D’Italia, completamente avulso al sistema delle leggi dello Stato.

La medesima osservazione vale inoltre sia per la CONSOB sia per l’ISVAP, che senza ombra di dubbio sono da annoverare tra le autorità indipendenti di cui all’art. 1, comma 2, L.196/2009, sicché l’operato di codesta Direzione desta quanto meno stupore, dato che tutte e tre le autorità indipendenti sopra elencate (BANKITALIA, CONSOB ed ISVAP) sono enti dotati di ampi poteri regolamentari extra-legislativi, attinenti ai gangli economico-finanziari dello Stato, quali i mercati del credito e della raccolta del risparmio presso il pubblico, le borse dei titoli e degli strumenti finanziari in genere e il mercato delle assicurazioni.

Forse queste autorità indipendenti sono indegne di essere annoverate tra le unità istituzionali che fanno parte della pubblica amministrazione, o forse sono autorità troppo importanti per essere incasellate tra la pubblica amministrazione? E se non sono pubblica amministrazione, allora mi chiedo gli interessi di chi o di che cosa debbano rappresentare questi enti?

Faccio presente che in occasione della precedente elencazione avevo già segnalato, a codesta spettabile Direzione Centrale, l’anomala ed inquietante omissione dell’istituto di emissione in occasione della precedente elencazione, senza peraltro ricevere alcuna risposta in merito, che pure dovrebbe essere di carattere obbligatorio, se non quanto meno doverosa.

Lo scrivente si riserva eventualmente di adire alle competenti sedi giudiziarie per segnalare la gravissima lacuna, già in passato evidenziata, nel caso in cui perduri l’omessa elencazione della Banca D’Italia S.p.A., della Consob e dell’ Isvap tra le unità istituzionali che fanno parte delle amministrazioni pubbliche, quali autorità indipendenti, per violazione dei doveri che incombono a codesto Ufficio, ai sensi dell’art. 1, commi 2 e 3, L.196/2009.

Distinti saluti

MB

LA BANCA DELLE BANCHE

Finché il credito bancario si limita a facilitare la redistribuzione del potere di acquisto da coloro che hanno risparmiato ed hanno accumulato moneta a coloro che, per una qualsiasi ragione hanno bisogno di acquistare in misura maggiore di quanto non consenta la quantità di moneta di cui dispongono in proprio, l’azione delle banche non intacca il valore o potere di acquisto della moneta.

Se però le banche si trovano nella necessità di ricorrere all’istituto di emissione (banca centrale, n.d.r.), perchè hanno bisogno di biglietti (banconote, n.d.r.) con i quali far fronte alle domande di rimborso dei depositi, vuol dire che esse restituiscono con quei biglietti somme di denaro che avrebbero già dovuto incassare da coloro ai quali hanno fatto prestiti.

Questo indizio rivela la mancata corrispondenza nel tempo fra la giacenza dei depositi e la durata delle operazioni di prestito delle banche. Se l’istituto di emissione aiuta le banche e concede ad esse nuovi prestiti di biglietti, esso determina una creazione di nuova moneta senza che vi sia stata una preventiva maggiore produzione di beni. In questo caso il credito bancario ha funzionato come stimolo all’aumento della emissione di moneta e allo svilimento del suo potere di acquisto.

E’ necessario dunque che il credito bancario sia limitato, per impedire che si svilisca il potere di acquisto della moneta, la cui stabilità è garanzia di giustizia distributiva non solo per chi risparmia, ma per la collettività tutta intera che esercita la sua attività economica nel tempo.

( Giuseppe Di Nardi, 1957 )